Scrivere di Lucio Battisti avendo poco tempo libero a disposizione non è facile.
Tutti conoscono il personaggio e la sua discografia.
Alcune sue canzoni, divenute famosissime, sono ancora oggi “canticchiate” non appena capita l’occasione di ascoltarle.
E’ soprattutto la generazione nata negli anni ’50 che è legatissima a lui.
E’ infatti nel 1969 che viene pubblicato il suo primo album ed i giovani di allora hanno un’alternativa tutta nuova e di livello assoluto alla musica estera, alla musica italiana melodica oppure alla musica influenzata dalla politica.
Io sono del 1965 e quindi non ho vissuto quell’esperienza.
L’ ho solo sentita raccontare.
Gli unici album che ricordo di aver acquistato alla loro uscita furono “Una donna per amico” del 1978 e “Una giornata uggiosa” del 1980, rispettivamente all’età di 13 e 15 anni.
Ellepì che mi furono consigliati da una cugina già più grande di me e che confesso finirono quasi subito nel dimenticatoio.
All’epoca i miei interessi musicali erano altri, apparentemente più impegnati e di Lucio Battisti non presi in considerazione neppure i capolavori che alcuni di voi hanno ricordato.
Potrà sembrare strano ma alcune sue canzoni mi parevano fin quasi ridicole e non ho nessun problema ad ammettere di averlo snobbato per anni.
Non ricordo, fra le persone mie coetanee e negli ambienti che frequentavo, nessun amico che abbia avuto allora una simpatia per questo autore fatta eccezione per qualche ragazza forse più sensibile e più matura di noi.
Questo per raccontarvi di come il mio incontro con la musica di Lucio Battisti sia arrivato tardi e solo dopo aver scoperto, come ripeto solo immaginando, cosa possono aver rappresentato per i più grandi di me quelle pubblicazioni uscite negli anni compresi fra il 1969 ed il 1977.
Ed è ai più “grandi” che cedo quindi volentieri la parola confidando nei loro racconti di emozioni vissute ad attendere, comprare e finalmente ascoltare i “singoli” ed i 33 di Lucio Battisti.
Io mi limito a segnalare, come hanno già fatto altri, il mio album preferito e cioè “Anima Latina”.
Nell’album, di estrazione progressive, il volume della voce nel canto di testi quasi tenuti nascosti è volutamente registrato basso per scelta dello stesso Battisti in contrasto nella decisione con Mogol.
Battisti, particolarmente impegnato in questo esperimento, interpretò brani lunghi fino a 7 minuti, sovrapponendo senza eccedere l’orchestra alle voci quasi a voler spingere l’ascoltatore nello sforzo di comprendere le parole e quindi il significato delle canzoni.
Un album di rottura con il passato, diversamente orchestrato, volutamente ritmato ed a tratti anche ossessivo.
Probabilmente per questo motivo il disco vendette meno dei precedenti ma rimase primo in classifica per settimane.
Va ricordato che molti suoi estimatori non l’ apprezzarono subito e nessun brano specifico riuscì a rendersi completamente indipendente.
Ancora oggi Mogol valuta il missaggio un errore ma contemporaneamente considera l’album uno dei meglio riusciti e la canzone, dalla quale ne deriva il titolo, quella con il testo più bello da lui scritta.
A me piace moltissimo ascoltarlo la sera e con le cuffie quando coglierne ogni sfumatura ed ogni dettaglio è quasi magia
Grazie.