Qualche cd sparso sul divano.
Qualche libro di testi tradotti giace stanco ed incredulo sulla scrivania,mentre leggo l’immancabile ‘The Complete’ ,di Nicholas Pegg.
Un bicchiere di Porto rosso,per riconciliarmi col mondo e per ottundere i sensi.
Il lettore cd continua a trasmettere ininterrottamente la sua musica da domenica mattina.
Era bello Bowie.
Di una bellezza androgina,ambigua,peccaminosa.
Bello come come una radiosa giornata di primavera.
Bello come il sole.
Per anni lui e l’altro David,Sylvian,si contesero il primato delle classifiche dell’uomo più bello del mondo.
Aveva una voce bellissima,anche quando parlava soltanto.
Suadente,affascinante,ammaliante come i suoi strani occhi.
E possiamo immaginare come si sentisse guardandosi invecchiare allo specchio,giorno dopo giorno,proprio come il protagonista de ‘Il ritratto di Dorian Gray’,di Oscar Wilde.
Perché Bowie avrebbe venduto l’anima al diavolo per essere eternamente giovane.
E non sono bastati certo i lifting.
Ma il sipario è calato.
Il destino è compiuto.
E noi compiangiamo l’ennesima rock star.
Ma Bowie non è stato solo una rock star.
Bowie è un’icona del suo tempo,del nostro tempo.
Un artista a 360 gradi,come quelli di una volta: cantante,compositore,musicista,produttore,attore cinematografico,attore tetrale,mimo,pittore,un vero artistista a tutto tondo che ha fatto dell’arte e della bellezza il suo ideale supremo,come un vero poeta decadente di fine ‘800.
Bowie è stato uno dei più grandi crooner del secolo,al pari di Sinatra,Gainsbourg,Scott Walker,ai quali va un grosso debito di riconoscenza.
Ed eccolo entrare maestosamente nell’Olimpo della Hall of Fame delle rock stars da pontificare,incensate e osannate da destra e da sinistra,da vescovi e onorevoli.
L’eretico cocainomane è fatto Santo.
Noi ci aspettiamo che le rock star debbano morire in sella ad una moto schiantandosi ai 200 all’ora,oppure che debbano crepare di overdose in solitudine in qualche stanza dell’Heartbreak Hotel.
Invece Bowie ha seguito il destino di altri illustri colleghi morti dello stesso male,come Frank Zappa,Lou Reed ed il suo fedele ed amico Ragno di Marte:
il grandissimo e sottovalutato Mick Ronson.
E così Bowie è morto redento come un padre di famiglia,che fino all’ultimo s’è preoccupato del figlio e soprattutto del futuro della figlia 15enne,frutto dell’ultimo lungo matrimonio con la bellissima Iman (mentre la prima moglie,Angie,sta partecipando all’edizione inglese di ‘Grande Fratello’).
Chissà se avrà tenuto il crocifisso al collo fino alla fine,quel crocifisso che aveva iniziato a portare con disinvoltura nelle sessions di Station To Station,come simbolo di una rinascita spirituale,dopo un periodo di simbiosi mutualistica devastante con mandrax e cocaina che paradossalmente coincise col suo zenit creativo.
Quello stesso crocifisso che indossava nell’indimenticable,diafano,gelido videclip di Heroes,appeso a quel collo affusolato di quel volto glabro e ceruleo che ha fatto impazzire migliaia di donne e forse anche di uomini.
Ma alla fine della storia,qualcuno si chiede:
ci hanno detto proprio tutto?
Nel 2003 Bowie viene colpito da un infarto al termine di un concerto e viene salvato in extremis dai medici di Amburgo,che gli praticano un’angioplastica.
Dopodichè sparì dalle scene per 10 lunghissimi anni.
Nel 2008 una notizia mai confermata semino’ il panico nel web:
voci di corridoio asserivano che a Bowie era stato riscontrato un tumore al fegato.
Qualche tempo dopo destino volle che un famoso sassofonista,Lester Bowie (manco parente),morì proprio di cancro al fegato,lasciando un dubbio insoluto sulla reale identità del Bowie oggetto dell’agghiacciante notizia.
Eppure pare davvero strano che i medici dell’anonima clinica svizzera da cui era trapelata la notizia,avessero mischiato le carte.
Nel 2013,prima dell’uscita dell’album The Next Day,il sito web ufficiale di Bowie fu per un momento irragiungibile,provocando un’ondata di panico fra i fans e persino la rivista Rolling Stones aveva intitolato in copertina:
Che fine ha fatto David Bowie?
Mentre il gruppo musicale Flaming Lips aveva intitolato un brano:
Is David Bowie dying?
Ora,In TV i telegiornali aprono con la notizia della scomparsa di Bowie,i social network sono impazziti e il mondo musicale si ricompatta per celebrare i tributi,ma è ancora troppo presto.
Il mondo scoprirà il genio di Bowie fra qualche anno,per incensare e rendere eterne le sue opere.
E rimarrà a imperitura memoria l’immagine tristemente immortalata nell’ultimo videoclip ‘Lazarus’,dove mette in scena la propria morte,ultimo atto della sua nemesi artistica,dove vita e arte si fondono e si confondono,sublimandosi nel pensiero Bohemien così caro a Huysmans,Rimbaud,Baudelaire,Verlaine,Wilde.
L’immagine in Lazarus di un gelido letto d’ospedale e di quel volto avvizzito che si congeda dal proprio pubblico e dalla vita chiudendosi definitivamente in un armadio.
Il primo piano di quel volto sotto la lente di ingrandimento delle immagini in alta definizione dove alla fine impietosamente si scavano le rughe e i segni della sofferenza:
cioè della vita.
Come Dorian Gray,ha deciso di tagliare la tela del suo autoritratto distruggendola,trasferendo inevitabilmente il peso degli anni e del supplizio sul proprio vero corpo.
Qualcuno ha pianto ieri.
Quancun altro piange ancora oggi.
Il mondo ha perso un grande artista.
Io ho perso un compagno di viaggio.