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Il bilanciamento tonale ed i Weavers
Il Gazebo Audiofilo

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    Il bilanciamento tonale ed i Weavers

    Luca58
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    Messaggio Da Luca58 Ven Lug 23, 2010 9:37 pm

    L'ho letto tutto d'un fiato e mi sembra semplice e ben fatto (l'ho capito perfino io... Il bilanciamento tonale ed i Weavers 650957 ). Lo copio anche se e' un po' lunghino perche' il link che ho trovato porta ad una pagina nera scritta con caratteri bianchi che e' fastidiosa da leggere.

    Anche io usavo "Guantanamera" per tarare l'impianto col Merrill e lo uso ancora (ma poco perche' del CD ho solo una copia Il bilanciamento tonale ed i Weavers 75961). Le unche due affermazioni con le quali non sono d'accordo e' che il CD sia al livello dell'lp (manco'ocazz Il bilanciamento tonale ed i Weavers 33910 ) e che "Ramblin' boy" sia cosi' facile da far suonare bene .

    "IL BILANCIAMENTO TONALE"

    di Italo Adami


    Per capire quant’è infido il tentativo di definire il bilanciamento tonale basterebbe prendere in mano due copie di una stessa fotografia, la prima con una lieve dominante rossa, la seconda con una dominante verdognola. Se si osservassero le due foto separatamente non individueremo alcuna devianza. I bianchi verdognoli della seconda o i bianchi rossastri della prima risulteranno al nostro cervello essere dei normali bianchi . Le differenze emergono mettendo a confronto i bianchi colorati delle due foto con un foglio di carta bianco puro. Allora il nostro cervello mette a confronto il bianco della carta con il “bianco” delle foto e si accorge della differenza. E’ una questione di rapporti. Le differenze emergono anche guardando le due foto assieme. Sono differenze relative. C’è chi dirà che il colore giusto è quello della foto tendente al rosso e chi sosterrà il contrario. E’ una questione di gusti, di cultura e di abitudini.
    La nostra mente funziona stabilendo rapporti fra le cose e non incasellando i singoli elementi.
    A questo proposito c’è un esperimento molto illuminante di W. Kohler. Si prendano due pezzi di carta grigia, uno più chiaro e uno più scuro. Abituiamo dei pulcini ad aspettarsi del cibo sul più chiaro dei due pezzi. Se dopo un po’ di tempo sostituiremo il pezzo di carta scuro con uno chiarissimo, i pulcini non si dirigeranno verso il pezzo di carta grigia su cui si erano abituati a trovare il mangime, ma su quello più chiaro fra i due. I loro cervelli sono esercitati ai “gradienti” anziché ai singoli stimoli. Nella lotta per la sopravvivenza stabilire dei rapporti è molto più conveniente che basarsi su rigidi elementi isolati. Ascoltare la musica non rientra strettamente nel campo dei comportamenti necessari per sopravvivere. Tuttavia i meccanismi e le strategie percettive che il nostro cervello mette in moto nell’atto di attraversare una strada molto trafficata o ascoltando la musica sono sempre gli stessi.
    Se si osservasse il grafico strumentale del suono di un violino in una chiesa comparandolo ad un grafico di un altro violino suonato in un altro ambiente noteremmo le palesi differenze nel disegno dei due tracciati. Tuttavia, ascoltandoli, questi due suoni verranno da tutti classificati come “suono di violino”. Il tracciato ci dice che ad esempio uno suona a 4000 Hz più forte dell’altro mentre a 2000 Hz suona più piano, ma tutte e due sono violini. Registrando uno stesso violino con microfoni differenti o variando la loro distanza dallo strumento durante la ripresa di suono si otterranno registrazioni con caratteristiche diverse, ma tutti riconosceranno quei suoni come “suono di violino”. Ascoltando le registrazioni anche da una radiolina tutti indicheranno che si tratta di un violino. Tuttavia rallentando progressivamente la velocità del nastro su cui è stato registrato il nostro violino ci sarà un momento, un punto dove il violino non viene più riconosciuto come tale. C’è un limite oltre al quale il riconoscimento della rappresentazione della realtà diviene impossibile perché il tentativo di emulazione è troppo discrepante dal suo referente reale. Non è necessario il foglio bianco per riconoscere una fortissima dominante rossa su una foto.
    Il bilanciamento tonale è un luogo abbastanza ampio in cui tutto va più o meno bene se i rapporti di energia fra le frequenze sono abbastanza rispettati. Poi ci pensa il cervello a sistemare il tutto. Se però sono gravemente alterati ecco che la cosa balza immediatamente in evidenza ed il cervello diviene impotente e si irrita.
    Come dice la stessa locuzione verbale, il bilanciamento tonale è il rapporto che le frequenze stabiliscono fra di loro in termini di energia, di “peso”. Il suono di uno strumento è un insieme di frequenze. Se una parte di frequenze ha più peso di un’altra possono succedere due cose. La differenza è relativamente poco marcata ed il cervello la incasella fra le normali differenze timbriche che anche gli strumenti appartenenti ad una stessa famiglia hanno fra di loro oppure dovute alle caratteristiche acustiche della sala di riproduzione o di registrazione.
    Oppure la differenza è relativamente grande ed allora il cervello non riesce a far combaciare quel suono con il suo modello ed oppone un rifiuto. Per quanto un modello possa essere elastico, tirandolo troppo può rompersi.
    Immaginiamo un’altalena, una tavola ben bilanciata e con fulcro perfettamente centrale di quelle del tipo su cui possono giocare due bambini seduti alle estremità della tavola stessa. Osserviamola di profilo. Essendo ben bilanciata, quando non è in azione sta perfettamente allineata al terreno. Il fulcro è nel mezzo....al centro della zona dei medi. Alla sua destra ci sono le alte frequenze. A sinistra i bassi. Il profilo della tavola è la linea di bilanciamento tonale che va da 20 a 20.000 Hz.
    Quando metto un peso a sinistra la tavola si inclina dalla parte dei bassi, avvicinandosi al terreno. Contemporaneamente si alza dal lato opposto, quello degli alti. Il bilanciamento tonale è un po’ questo : se tolgo energia ai bassi è come se ne dessi di più agli alti e viceversa. Se la tavola rimane solo di poco inclinata e la parte degli alti si alza di poco il suono apparirà molto aperto, lucido, dettagliato. Se abbasso il livello degli alti il suono diventa più caldo e corposo. Siamo nel caso delle foto con lieve dominante rossa o verde. Nessuna delle due è corretta rispetto al foglio bianco, ma entrambe possono essere più che accettabili. Un’altalena continuerà ad essere un’altalena anche se da una parte ha un piccolo peso che comunque le consente di oscillare (Quesito audiofilo : e’ meglio l’altalena con il piccolo peso posto a destra o a sinistra ? Questione di gusti !) Se però metto un grosso peso da una parte e l’estremità tocca terra l’altalena cesserà di funzionare. Cesserà di essere un’altalena. Sarà un sistema statico. Se questo grosso peso sarà stato posto ad esempio a sinistra il suono sarà privo di bassissime frequenze e esageratamente ricco di altissime. Un infarto sonoro. Questa situazione darà luogo ad un suono eccessivamente deviante, distorto, un “quasi rumore”.
    Qui i gusti personali c’entrano poco. C’è un allontanamento dal referente reale troppo marcato. Il problema è che nel caso del suono non esiste il famoso foglio bianco con cui fare un confronto. Molti sostengono che il “suono dal vivo” sia il foglio bianco del suono, un bianco assoluto. Sfortuna vuole che il bianco di un foglio possa essere di svariate gradazioni e che il bianco assoluto esista solo nella fantasia dei creatori di pubblicità televisiva per detersivi. Di bianchi non ce n’è uno solo : ce ne sono mille. Un foglio che trattiene anche una sola particella di luce non è più bianco assoluto. E’ appena grigio. Se ne trattiene due è un po’ più grigio. Ma entrambi non sono così grigi da essere classificati come fogli di colore grigio. Vengono entrambi riconosciuti come bianchi. Inoltre : un foglio bianco dentro una stanza oscura riflette meno luce di un pezzo di carbone esposto alla luce del sole. Tuttavia un foglio bianco rimane tale anche in una stanza buia ed un pezzo carbone rimane tale anche alla luce del deserto. L’interpretazione dei rapporti fra oggetto e contesto ci viene in soccorso. Infatti riconosciamo il suono di un violino sia che esso suoni in aperta campagna o in una cattedrale, oppure che sia un violino da poche lire o un prezioso Stradivari. Sempre un violino è.
    Un suono ha molte componenti. Il bilanciamento tonale è una di queste. Esso non risponde alla legge del tutto o nulla. Il nostro orecchio sopporta bene deviazioni fisiologiche all’interno di un ampio range di riconoscimento. Un tecnico di registrazione si deve porre il problema della fedele restituzione del suono di uno strumento o di un insieme badando a carpirlo così com’è al momento della registrazione (se esso rientra nel range delle fisiologiche variazioni di bilanciamento tonale). Solo se alcune componenti eccedono pesantemente (se i bianchi diventano dei veri grigi) allora interviene per riequilibrarlo.
    Se una sala di registrazione ha un’acustica di timbro caldo, ricca di riverbero nella zona del calore (100-300 Hz) e se quest’acustica è stata ritenuta congeniale al tipo di musica da registrare, il tecnico del suono tenderà a preservarla. Se invece i bassi di una sala di registrazione sono gonfi e lunghi e tendono a prevalere in modo eccessivo su altre gamme di frequenza, un buon tecnico del suono dovrà operare al fine di riequilibrare l’energia delle basse frequenze.
    Non si deve confondere il bilanciamento tonale con l’estensione in frequenza.
    Con bilanciamento tonale si desidera definire il rapporto di energia fra le frequenze in gioco. Con estensione in frequenza si vuol indicare la gamma di frequenze presenti in una registrazione. Una registrazione può avere una limitata estensione in frequenza e un buon bilanciamento tonale o viceversa. Succede anche con i diffusori. Un diffusore può riprodurre in modo equilibrato le frequenze comprese fra 200 e 8000 Hz. Tuttavia può essere privo della vere basse frequenze e delle vere alte frequenze. Questo diffusore offrirà voci molto naturali, ma sarà incapace di riprodurre correttamente una grande orchestra. Al contrario ci può essere un diffusore capace di riprodurre energia sonora compresa fra 20 e 20.000 Hz, ma non in modo tale che tutte le frequenze comprese in questo range posseggano la stessa energia sonora. Sarà un diffusore dotato di grande estensione in frequenza, ma affetto da squilibri tonali. Suonerà troppo gonfio o sottile, nasale o aspro. E così via.
    In una registrazione la cosa più difficile da ottenere è la presenza di basse frequenze in equilibrio con le medie e le alte. I tecnici del suono più bravi riescono ad ottenere questo risultato in modo da non inficiare il risultato in altri parametri e restituendo comunque un suono limpido ed articolato. Altri tagliano totalmente i bassi o scelgono strade che penalizzano gravemente altri parametri sonori.
    Se una registrazione è ben fatta, l’audiofilo che desiderasse ascoltarla con accuratezza, dovrebbe fare in modo che il suo sistema hi-fi e la sua stanza d’ascolto siano in grado di colorare il meno possibile questo suono. In altre parole, se è accettabile, necessaria, irrinunciabile, una fisiologica dominante sonora di una registrazione, se si vuole ascoltare quella registrazione in modo fedele, è necessario che il sistema di riproduzione non aggiunga un suo carattere al suono. Insomma : coloritura su coloritura genera confusione.
    Tuttavia ascoltando in una stanza è impossibile poter avere un andamento perfettamente lineare del bilanciamento tonale.
    Poniamo il caso di misurare l’energia delle frequenze fra 100 e 300 Hz all’uscita di un diffusore, stando a pochi centimetri dallo stesso.
    Ottengo un grafico pressoché lineare dove 100 Hz hanno ad esempio 80 dB di pressione sonora, cosi come (dico frequenze a caso)105, 122,151,164,198,227,288. ecc. Se delle differenze sono presenti sono poco rilervanti. Se registro la stessa spazzolata di frequenze spostandomi di tre metri dal diffusore il grafico cambia completamente a causa dell’acustica dell’ambiente. Ad esempio avrò 100 Hz a 64 dB, 105 a 58 dB,122 a 70 dB, 151 a 92 dB, 198 a 75 dB, 227 a 60 dB, 288 a 88 dB. Il grafico avrà un andamento caratterizzato da picchi e valli, come se fosse il disegno di denti di sega irregolari. Si vedranno differenze enormi in termini di energia fra frequenze limitrofe. E’ come se a 100 Hz la manopola del volume fosse tenuta alle ore dodici mentre a 105 Hz alle ore nove. Contemporaneamente.
    Questa non è una situazione paradossale. E’ molto frequente e non consente un ascolto sufficientemente fedele. In ambiente domestico la linearità, il perfetto equilibrio delle frequenze in gioco è obbiettivo impossibile. Tuttavia si può raggiungere un buon risultato che è quello di ottenere un grafico non puntuto, con un profilo simile a quello morbide dune di sabbia del deserto, caratterizzato da variazioni contenute fra gruppi di frequenze limitrofe. Per ottenerlo è soprattutto necessario agire sul posizionamento dei diffusori e del punto d’ascolto e sull’acustica dell’ambiente d’ascolto.
    Per controllare che l’andamento del bilanciamento tonale nel punto d’ascolto di casa vostra sia adeguato ad una fedele riproduzione stereofonica, ci sono due metodi. Uno è strumentale.
    L’ A.Q.T. (Audio Quality Test) è una spazzolata di frequenze fra 20 e 2000 Hz. Disponibile su CD, va inserito nel lettore e fatto suonare. Disponendo del Sound Analyzer (un software che trasforma un computer in un sofisticato registratore grafico) va registrato mettendo il microfono in dotazione al punto d’ascolto. Dopo pochi istanti sul computer appare una schermata che visualizza l’andamento del vostro bilanciamento tonale con indicate tutte le frequenze esaminate e la loro energia. Se la grafica che appare ha un andamento come quello di morbide colline senesi e se le differenze fra le frequenze sono contenute entro i 3-4 dB disponete di un suono fedele.
    Se invece il grafico è come il profilo di una lama di sega con denti irregolari il vostro suono, per poter riprodurre con accuratezza il contenuto musicale di un disco, ha bisogno di correzioni.
    L’amante della musica, colui che ascolta il contenuto musicale dei suoi dischi e non il suono del suo impianto, potrà giovarsi di questo sistema per apprezzare maggiormente ciò che ascolta.
    Il secondo metodo è per chi preferisce fare test musicali ad orecchio è può essere complementare al primo. Comprarsi il CD Analogue Productions APFCD 005 “The Weavers Reunion at Carnegie Hall-1963”. Perché ? Vi anticipo qualcosa. Facendo il set-up di un sistema hi-fi con “Weavers...” si ottiene un compromesso che va bene per la stragrande maggioranza di tutte le altre registrazioni.
    Oltre ad essere una gran bel disco sia sotto il profilo artistico che tecnico, offre il vantaggio di poter essere utilizzato come un validissimo disco test.
    Da anni è il mio riferimento principale. Con “Guantanamera” ho effettuato centinaia di sedute d’ascolto per l’ottimizzazione del suono di svariati impianti hi-end e non.
    Il 2 ed il 3 Maggio del 1963 il gruppo folk americano “The Weavers” diede luogo a due storici concerti per celebrare il suo quindicesimo anno di attività.
    L’acustica della Carnegie Hall non aveva ancora subito gli interventi che negli anni successivi furono causa del suo degrado ed era ancora sontuosa e gli Weavers erano all’apice della loro popolarità. L’evento fu memorabile.
    La Vaunguard lo registrò e mise sul mercato il trentatre giri “The Weavers reunion at the Carnegie Hall” che ebbe un notevole successo e che subito venne seguito da numerose riedizioni.
    Dal punto di vista della qualità sonora questa registrazione, seppure con elementi di discontinuità fra brano e brano, è fra le migliori di ogni tempo. Tuttavia fino a che Chad Kassem , titolare della Analogue Productions, non ha commissionato a Doug Sax il suo remastering, erano veramente in pochi al mondo ad ipotizzare di poterla apprezzare.
    Infatti, solamente la primissima serie Vanguard del ’63 era in grado di svelarne le doti sonore. Già le ristampe immediatamente successive erano enormemente inferiori. Credo che la Vanguard, per rispondere alla domanda di mercato, abbia continuato a ristampare questo disco fino alla metà degli anni ottanta con un progressivo ed ineluttabile peggioramento della qualità sonora. Le ultime edizioni avevano il vinile sottile come un’ostia ed erano così tirate via che anche gli aspetti più banali venivano trasandati. Ad esempio mi è capitato di sentire delle copie con canali invertiti, nelle quali il cantante che doveva stare a destra era a sinistra e, ovviamente, quello che doveva stare a sinistra stava sulla destra.
    Non ho mai avuto modo di portarne a casa una copia buona, di quelle precocissime con il vinile pesante e con la copertina in cartone spesso.
    L’ho vista e sentita una sola volta, quasi per caso, nella sala d’ascolto di un dentista di New York appassionato di vecchi dischi. Fu lì che me ne invaghii. Era il 1987 e Ched Kassem non aveva ancora annunciato il suo rifacimento. Così mi misi alla ricerca del disco originale che però non sono mai riuscito a trovare nella versione ben suonante. Scovare buone copie di grandi dischi Mercury o RCA è addirittura più facile. Per capire come mai l’originale precoce di “ The Weavers Reunion...” sia così difficile da trovare bisogna ipotizzare che la tiratura della prima serie sia stata molto limitata ed immaginare la diversa utilizzazione dei dischi di musica classica rispetto a quella di un titolo folk. Probabilmente l’appassionato di musica classica anni 60-70 non era molto differente da quello attuale : ascoltava in solitudine, con un sistema sufficientemente a punto ed era un tipo certamente più preciso dell’utilizzatore di musica folk a cui il disco serviva per le feste in casa, per le scampagnate o per stare insieme agli amici. Certamente non prestava una cura ai suoi dischi pari a quella dell’ascoltatore dei costosi microsolco di classica della Mercury, dell’RCA o della Decca-London.
    I tentativi di trovarne una copia di qualità sufficientemente buona ebbero esito infausto.
    Fortunatamente, nel ’89, la riedizione Analogue Productions giunse in Italia ed i miei problemi di ricerca finirono. Dapprima uscì l’edizione in vinile (sia normale che a 180 gr), poi anche quella in CD (gold).
    Fare un confronto fra l’edizione precoce Vanguard e quella Analogue Production, mi è ovviamente impossibile. Tuttavia potrei giurare sull’assoluta validità del lavoro di Ched Kassem e di Doug Sax sia per l’analogico che per il digitale fra i quali, se differenze esistono, certamente non sono abissali . Con un buon giradischi si può rilevare che il disco nero possiede una migliore articolazione delle frequenze medie e che, dal punto di vista del bilanciamento tonale, il CD ha un suono lievemente più esile, meno tondo e corposo, più aperto solo in apparenza, in realtà meno ricco di energia nella zona del calore. Sono differenze piccole, non insignificanti, ma nemmeno determinanti.
    Per gli scopi di quest’articolo utilizzeremo il CD.
    Come ho già detto si tratta di un grande disco e di una registrazione che potrebbe essere tranquillamente utilizzata per indagare l’immagine sonora, l’articolazione, la focalizzazione o altri parametri sonori. Se noi porremo l’attenzione maggiormente sugli aspetti del bilanciamento tonale non lo faremo perché questa registrazione è interessante esclusivamente per questo parametro sonoro, ma perché è sotto questo aspetto che si rivela maggiormente critica, indagatrice e rivelatrice rispetto a ogni altro disco che conosco . Perché, se sul vostro sistema otterrete un suono equilibrato con “The Weavers..”, ogni altro disco suonerà come deve suonare, manifestando le caratteristiche di bilanciamento tonale che gli sono proprie.
    Spesso, nel fare il necessario set-up del sistema diffusori-ambiente d’ascolto, l’audiofilo utilizza il disco che gli piace di più senza curarsi se questo abbia valori sonori generalizzabili a tutte le altre registrazioni . Questo modo di fare svela implacabilmente i propri limiti quando l’ascolto degli altri dischi fa venire il dubbio che la posizione di diffusori non sia adeguata o quando il punto d’ascolto deve essere continuamente spostato in avanti o indietro in funzione del disco che si sta ascoltando.
    Nel trovare la migliore posizione dei diffusori e del punto d’ascolto in rapporto all’acustica e alla geometria della sala dove è collocato il sistema hi-fi, dapprima è necessario ricercare la correttezza stereofonica. Il fatto che un impianto sia stereofonico non vuol dire automaticamente che suona stereofonico comunque lo si disponga. Se prendessimo i due diffusori e li incollassimo assieme trasformeremmo il nostro stereo in un sistema monofonico. Se mettessimo un diffusore sopra l’armadio e l’altro sopra il camino che sta all’angolo opposto trasformeremmo il nostro stereo in un paradossale sistema di diffusione audio con poche pretese. Ugualmente, disponendo i diffusori rigorosamente paralleli ed equidistanti dalla parete a loro retrostante ed alla stessa distanza dalle pareti laterali, ma mettendosi ad ascoltare non davanti e centrali rispetto ai diffusori, ma di lato, molto di lato, il nostro ascolto non potrebbe essere stereofonico. Per ottenere l’ascolto stereofonico è indispensabile che le distanze fra ascoltatore e diffusori siano le stesse e che esista un equilibrio fra il suono che giunge all’ascoltatore direttamente dai diffusori e quello che arriva al punto d’ascolto sotto forma di riverbero ambientale. Si raggiunge l’ascolto stereofonico quando il suono, completamente svincolato dai diffusori, ricostruisce un soundstage dotato di larghezza e profondità con all’interno immagini sonore ben focalizzate e circondate di aria. Questo è il grande progresso-vantaggio che la stereofonia offre rispetto alla monofonia la quale, per quanto riguarda altri parametri sonori come la dinamica, il microcontrasto e il bilanciamento tonale, non le è da meno . Quindi, un sistema suona stereofonico quando riesce a riprodurre l’immagine sonora contenuta nella registrazione. Tuttavia esiste un legame stretto fra immagine sonora, articolazione e bilanciamento tonale. Cioè, per quanto possa essere praticamente comodo dividere il suono in parametri quando se ne parla o se ne scrive, in fase di riproduzione non si può avere una buona immagine se si ha un bilanciamento tonale scorretto o un’articolazione insufficiente.
    “Weavers” è un disco che, in questo senso, è parecchio esemplificativo e che fa molto comodo a chi è alla ricerca del migliore set-up del suo sistema di riproduzione stereofonico.
    Ma non basta ! Una volta che ai diffusori e al punto d’ascolto sono state assegnate le posizioni attraverso le quali il sistema di riproduzione può suonare in “correttezza stereofonica”, “Weavers” si rende utile anche per la fase successiva, quella dove entra in ballo la “questione di gusti”.
    Una impianto stereofonico può suonare stereofonico in cento modi diversi. Rimanendo all’interno della correttezza stereofonica, ognuno di noi, attraverso piccoli spostamenti o rotazioni dei diffusori, applicando piccoli accorgimenti alle elettroniche o alle fonti, tarando finemente l’ambiente d’ascolto può raggiungere il suono che più gli confà. Può rinunciare ad un pizzico di focalizzazione in favore di un soundstage più largo ed imponente ; può preferire un suono più caldo o uno più trasparente e altro ancora. L’importante è che ciò che si ottiene sia stereofonico. Sempre e comunque. Ascoltando musica registrata in stereofonia, volendola riprodurre con una buona dose di fedeltà , non è possibile prescindere dalle regole che governano la stereofonia stessa.
    Per fare tutto questo è necessario uno strumento di controllo che sia all’altezza della situazione.
    “Weavers” lo è. Non so con precisione perché. Ma so che la sistemazione di un impianto con “Weavers” dà un risultato valido per la stragrande maggioranza dei dischi in commercio e che “Weavers” consente l’efficace ricerca della correttezza stereofonica e di quelle piccole variazioni utili per accordare il suono del sistema hi-fi con i gusti sonori del suo proprietario.
    Dicevo all’inizio che questo disco non è composto da brani molto omogenei fra loro se analizzati dal punto di vista delle caratteristiche sonore. E’ probabile che la posizione dei microfoni abbia subito variazioni in corso d’opera. Il motivo di questo fatto è che non in tutti i pezzi l’intero gruppo era presente sul palco : una volta un solo cantante con la sua chitarra ; un’altra tutto il gruppo con tutti gli strumenti ; un’altra ancora tre artisti con due strumenti ; oppure tutti i vocalists senza strumenti. Probabilmente ognuna di queste situazioni ha visto una diversa presa di suono.
    Tutta la comunità audio è d’accordo nell’affermare che il miglior brano è il n.13 “Goodnight,Irene”, dove il gruppo coinvolge il pubblico in un coro appassionato. La focalizzazione è eccellente, ma il dato più evidente è quello relativo ad un soudstage con straordinaria sensazione di ambienza
    (molto simile a quella di “Matilda” dell’RCA LSO 6006 “Belafonte at the Carnegie Hall”).
    Un brano parecchio complicato a riprodurre è invece il n.5 “Poor Liza” ; sul palco un solo cantate ed una sola chitarra. Eppure è critico. Ha bisogno di perfetto bilanciamento tonale e grande articolazione. E’ preceduto da un pezzo molto più gratificante e fin troppo facile da far suonare: ”Ramblin’Boy”. Audiofili poco attenti lo usano come test. Sbagliano perché, come tutte le cose troppo facili, induce a conclusioni superficiali.
    La traccia n.9 è, a mio parere, la più sincera e quindi la più utile ai nostri fini. Contiene un brano il cui ritornello, opportunamente modificato nel testo, viene oggi utilizzato nei coretti da stadio, quelli in cui gli ultras delle curve insultano gli avversari ed esaltano gli atleti amici. Chi la intona probabilmente non sa che sta cantando l’aria di una vecchia, grande canzone popolare dolce e triste: “Guantanamera”.
    Vediamola nel dettaglio.
    Già nel primo minuto accadono due o tre cose su cui soffermarsi.
    Il brano si apre con un pacato arpeggio effettuato con una chitarra che si dispone immediatamente dietro il diffusore di destra. E’ accompagnata da un incedere ritmico, probabilmente il risultato sonoro di un piede che batte sul palco in legno a generare lente sonorità ricche di frequenze profonde. Non sono ancora passati 6 secondi ed è già possibile farsi un idea circa il comportamento delle nostre basse frequenze.
    Questo ritmo deve infatti essere ben presente, ma rimanere in sottofondo. Non deve prendere il sopravvento sul suono della chitarra che, in questo primo momento, è protagonista. Se la vostra stanza vi restituisce dei bassi lunghi o con troppa energia, il suono del palco quasi maschererà quello della chitarra. I rapporti fra i due saranno invertiti e la musica perderà il suo senso originario. La percussione del palco provoca bassi molto profondi, molto diluiti su tutto il fronte sonoro di destra, ma non eccessivamente energici. Se la vostra stanza li esalta e li allunga le vostre basse frequenze non sono adeguate ad ascoltare fedelmente il contenuto di una registrazione. E’ probabile che con certi dischi di musica rock o di fanfara o di musica classica questa esaltazione vi sia gradita. Tuttavia incontrerete molti dischi che non potrete ascoltare degnamente a causa di basse frequenze invadenti. Cercare di ristabilire l’equilibrio e provare ad aumentare l’articolazione è l’approccio più corretto e, alla lunga, più gratificante.
    Chi invece ascolta con sistemi poveri di energia a bassa frequenza o ha nella propria stanza delle stazionarie che, combinandosi fra loro, cancellano parte dell’energia delle frequenze comprese fra 40 e 80 Hz, non udrà questo battere o lo avvertirà sotto forma di suono più acuto e distante, incapace di riempire il fronte sonoro. Sistemi di questo tipo suonano aperti ed articolati, ma sono privi di corpo, di calore, di spessore e restituiscono modeste informazioni ambientali.
    Impianti con questo tipo di suono spesso sono figli di un intelligente adattamento di un sistema hi-fi ad una stanza piccola. In questi casi è molto meglio avere un equipaggiamento con dichiarati limiti alle basse frequenze piuttosto che avere bassi lunghi e confusi a sporcare tutta la musica ed è quindi necessario “sopportare” alcune sottrazioni. Altre volte però sono conseguenza di un cattivo posizionamento dei diffusori, di un’approssimativa considerazione dei problemi indotti dall’acustica ambientale o di sistemi mal assemblati. Questi ultimi sono i casi in cui, con un po’ di buona volontà, l’equilibrio e l’articolazione delle basse frequenze possono essere ricondotti entro i limiti della correttezza e del rispetto per la musica.
    Dopo i primi 6 secondi entrano in scena le maracas, sul centro-destra in profondità, e un’altra chitarra che si materializza a sinistra, un po’ spostata verso l’esterno, sulla stessa linea della prima chitarra. Le due chitarre devono essere ben focalizzate sulla stessa linea. Se una appare più lontana vuol dire che c’è uno sbilanciamento fra fronte sonoro di destra rispetto a quello di sinistra che può essere dovuto molto facilmente a differenze di fase e di energia fra le riflessioni laterali precoci di destra e di sinistra. Più raramente saranno causate da sbilanciamenti insiti nel comportamento delle elettroniche.
    Andiamo avanti .
    Dal secondo 18 entrano in scena i tre cantanti, due voci maschili appartenenti ai chitarristi e una femminile statuaria, in piedi, leggermente più arretrata rispetto alla linea dei due cantanti che se ne stanno seduti per poter suonare le rispettive chitarre.
    Loro sono a destra e a sinistra. Lei è al centro. Lei e il cantante di destra si notano maggiormente. Quello di sinistra meno : lui fa il controcanto. Però, al di là dei ruoli musicali, se un sistema suona equilibrato, le tre voci si amalgamano perfettamente e, dal punto di vista dell’energia sonora, nessuna deve poter prevaricare le altre. Sarà la musica e non il suono a mettere in evidenza di volta in volta il cantante che deve prevalere. Tuttavia l’ascoltatore potrà, se lo vorrà, concentrarsi sulla linea melodica di ognuno dei tre cantanti. Infatti, la risultante sonora del cantare di questi tre non è un confuso frullato di suoni. Al contrario! E’ il sapiente, articolato intrecciarsi di ben distinguibili individualità canore.
    Detto ciò, bisogna fare attenzione ad un’altra cosa. Al secondo 21 e al secondo 30 i tre pronunciano la parola “guaira...”. Se il bilanciamento tonale del vostro sistema non ha problemi in gamma medio alta non dovreste avvertire nulla di strano. Se quel “guaira” va via liscio e pacifico avete un buon equilibrio all’interno delle frequenze medie. Ma se vi desse la sensazione di “strappare”, di “ruggire”, se quel “gua...” fosse un “GHGUAA...” vuol dire che il vostro suono necessita di una regolatina ai medio alti, di un aumento dei medio bassi e della zona della calore e, perché no, anche degli altissimi che completano e rendono assai più lievi medio-alti e alti. Divento ieratico. Guai a voi se non lo farete ! Tutti i vostri dischi ne soffriranno (solo le registrazioni più ottuse si salveranno).
    Rivesto i miei panni normali.
    Siamo arrivati al secondo 30 ed abbiamo già detto un sacco di cose. Ma il bello deve ancora arrivare.
    Questo disco suona con una straordinaria limpidezza e trasparenza delle voci.
    Per verificare se il bilanciamento tonale del vostro sistema sia di livello adeguato, ci concentreremo particolarmente prima sulla voce maschile di destra e poi sulla voce femminile.
    La voce maschile entra in scena da protagonista già dal secondo 34 e da subito trasmette una straordinaria sensazione di presenza. E’ lì, subito dietro al diffusore, di dimensioni naturali come se foste di fronte ad un uomo che vi parla seduto a tre metri da voi. Con voce trasparente, limpida e calda, intonando una melodia, vi sta raccontando una storia . Parlare con qualcuno spero che sia esperienza comune a tutti. E’ il modello che dovreste immaginare per verificare il grado di trasparenza e di naturale equilibrio timbrico che questa voce riesce ad esprimere nella vostra stanza d’ascolto. Se fra la voce dal vivo che vi fa da modello e questa voce riprodotta le differenze quasi non esistono, vuol dire che il vostro suono ha una sostanziale correttezza timbrica. Vuol dire che questa voce è rimasta presente, trasparente, aperta, calda, piena di sottili sfumature, soprattutto limpida così com’è nella registrazione. Ma se fosse ottusa e chiusa come se fra voi e lui ci fosse un velo, come se egli si parasse la bocca con la mano, se questa voce fosse acidula, eccessivamente acuta, priva di calde inflessioni, in entrambi i casi l’equilibrio tonale del vostro sistema hi-fi è ammalato, affetto da sindromi diverse, ma comunque scorretto.
    Il primo caso è caratterizzato da eccessi di energia sotto i 500Hz con probabile carenza di articolazione. Il secondo è il caso contrario di eccesso di energia sopra i 500 Hz. In entrambi i casi urge un intervento di riequilibrio che spesso non è facile da ripristinare. Gli interventi possono essere molteplici : dal riposizionamento di diffusori e punto d’ascolto, al trattamento acustico ambientale, dalla sostituzione dei cavi di segnale, fino alla sostituzione dei diffusori o delle elettroniche o più cose assieme fra quelle elencate. Tuttavia qualcosa bisogna fare. Se questa voce degli Weavers vi suonasse acidula o ottusa e cupa, non c’è disco della vostra collezione che possa suonare come potrebbe. Tuttavia, appena essa acquista un sufficiente grado di trasparenza, presenza e calore, tutta la vostra collezione di dischi riprenderà fiato e valore.
    E adesso veniamo alla voce femminile. Bisogna andare esattamente al minuto 2. La cantante attacca stagliandosi nitida al centro della scena sonora. Alle prime battute non è esattamente nel mezzo : è appena spostata a sinistra, ma poi conquista saldamente la posizione più centrale.
    Le sue labbra susurrano ; la sua voce è leggera e libera. Esce da un punto e vola via priva di vincoli. E’ questo senso di libertà che si deve poter afferrare con estrema chiarezza. Aria. Aria. Aria pura. Niente smog. Niente che possa pesare o fare scuro.
    Questa voce femminile è meno critica di quella del cantante di destra. Tuttavia è un buon test per valutare la naturalezza nel campo delle alte frequenze, per la focalizzazione centrale, per sapere se la vostra sala d’ascolto è sufficientemente ricca di riverbero positivo (quello con ritardo superiore ai 60 millisec. che è largamente responsabile dell’ambienza e del buon amalgama nel campo delle medie e alte frequenze) o se invece prevale quello negativo (quello con ritardo di 20 millisec. che è responsabile dei problemi dell’immagine sonora e dei più gravi squilibri tonali nell’ambito delle frequenze medie e alte ).
    Guantanamera dura 4 minuti e trentatre secondi, ma dopo due minuti e mezzo voi saprete già tutto sul vostro bilanciamento tonale.
    Il mio augurio è quello che vi possiate godere questo stupendo disco senza che abbiate la necessità di utilizzarlo troppe volte come test."


    Ultima modifica di Luca58 il Mar Giu 28, 2011 11:16 am - modificato 1 volta.
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    Messaggio Da Mr. wlg Sab Lug 24, 2010 4:11 pm

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    Messaggio Da fabiovob Sab Lug 24, 2010 4:29 pm

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    Messaggio Da Luca58 Sab Lug 24, 2010 10:47 pm

    fabiovob ha scritto:Tesi di laurea? Il bilanciamento tonale ed i Weavers 921419
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    Messaggio Da Massimo Bianco Dom Lug 25, 2010 7:23 am

    Concordo in buona parte con le considerazioni di Adami. Il bilanciamento tonale ed i Weavers 625723

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