Trovato in rete:
Forse pochi lo sanno ma anche le note hanno un colore. Qualche musicista, quando glielo dico, mi osserva in tralice trattenendo un sorriso. Anche io mi trattengo dal farlo: probabilmente quell’uomo suona la musica per mestiere, non per passione.
Se dovessi dire quali sono le mie note preferite risponderei senza esitazioni: il MI e il LA. Quando apro il pianoforte e faccio cadere la mano sinistra sulla tastiera, il mignolo va sempre a finire su una di queste due. Sono note blu, rilassanti, malinconiche, da meditazione. Con queste due note si possono comporre pezzi ipnotici, musiche sinuose nelle quali perdersi, suoni malinconici e ammalianti, come il canto delle sirene di Ulisse.
Il RE ha il colore della terra. Sta alla base, vicino al DO. Ha il colore del grano, dei campi coltivati. Mi ha sempre dato fastidio perché sul mio pianoforte, quando è perfettamente accordato e con il pedale del forte premuto, il RE centrale si rifiuta di suonare.
Il FA è viola. Mi ricorda tanto le marce funebri, pezzi tristi, canti dell’addio. Una nota che spesso si intona bene con il LA.
Il SOL, ovviamente è giallo come il sole. I primi pezzi che ho imparato (il canto del pastorello, la canzone del mulino…) erano sempre in questa tonalità. E’ la nota dell’allegria, della vitalità, dell’estate. Suoni il SOL e dal pianoforte sembra uscire un barattolo di vernice gialla.
Il SI è la nota bianca, quella che con la sua purezza osa arrivare in alto fino a lambire il DO.
Un piccolo appunto merita il LA# o SI b, quella nota celestina, indecisa su quale parte stare ma di questa indecisione a volte se ne fa vanto, come nel Bolero di Ravel.
Infine il DO: il nome dice già tutto. Due lettere belle tonde e grasse che risultano corpose in bocca e anche alla vista. Il DO è simile ad Arlecchino, racchiude i colori in tutte le sue sfumature e tonalità. E’ L’Alfa e L’Omega. La prima scala che viene insegnata inizia e termina con il DO e quasi sempre gli esercizi iniziano dal Do “vicino al buco della serratura del piano”, quasi fosse lui a decidere chi deve entrare. E’ come un corposo bicchiere di vino rosso dal quale l’intenditore capisce su che terra è cresciuta la vite.
Avevo un DO che vibrava e l’accordatore mi disse che l’unico sistema per farlo smettere era quello di togliergli una corda.
“Vedi, ci sono due corde: togliamo questa, che vibra perché è a contatto con il perno e tu non ti accorgerai di nulla”.
“Però mancherà una corda”.
“Ma il pianoforte mica muore. Se a te tolgono un polmone, un rene, una mano, vivi ancora”.
“Pensavo che lei fosse un accordatore, non un chirurgo” gli dissi.
Mi Sono tenuto la corda e ho tolto dalle spese l’accordatore. Non oserei mai mutilare una nota, soprattutto il DO, colui che sta sopra tutto, il dio delle note, se ce ne fosse bisogno.
Ma io mi accontenterei delle sole note blu con le loro sfumature. Quando le suono, perfino le pareti della stanza profumano di cielo e di mare.
mi è piaciuto tantissimo